Ho letto qui che i bambini concepiti o nati durante la pandemia da Covid-19 potrebbero essere chiamati “i coronial”, così come con il termine “millennial” si indicano coloro che sono cresciuti all’inizio del millennio.
Qualcuno si è spinto oltre attribuendo alle sigle a.C. e d.C. il significato di “avanti Covid” e “dopo Covid”.
Non voglio scrivere l’ennesimo articolo sulle nuove parole e modi di dire che la pandemia ha generato, piuttosto vi rimando al bellissimo articolo del linguista Giuseppe Antonelli su la Lettura, il supplemento culturale del Corriere, del 13 dicembre.
Però mi ha molto colpito un articolo sul portale della Treccani (potete leggerlo qui) in cui, in risposta a un lettore, ci si interroga come definire un paziente affetto da Covid: “covidoso”, “covidico” o “covidotico”?
In detto articolo si scrive che “covidoso” è da escludere, in quanto trattasi di un vocabolo già esistente con il significato di “bramoso”, e simili.
“Covidico”, che usa il suffisso -ico come in “rachitico”, “anoressico”, “bulimico”, non sarebbe corretto perché questo suffisso indica appartenenza, modo (come in atmosferico, filosofico, biologico…).
Resterebbe dunque “covidotico”, per analogia con “tubercolotico”, “cirrotico”, “scoliotico” e simili.
Non so come la pensate voi, io trovo tutte queste parole semplicemente orribili, per non dire sciagurate. “Affetto da Covid” mi sembra più che sufficiente e anche elegante, e in fondo richiede solo qualche battuta in più.
Altre parole non mi piacciono per nulla, come “tamponato” per i soggetti che hanno effettuato il tampone, così come non vedo perché non usare termini italiani equivalenti per droplets, contact tracing e mille altri termini inglesi che imperano.
Ancor prima di questa pandemia e dei riflessi nella lingua che essa ha comportato, ho sempre invitato a non usare nel linguaggio della medicina termini come “biopsiare”, “complessizzare”, “profilassare”… poi, vedete voi.
Io, per quanto mi riguarda, suggerirei di resistere a queste tentazioni.
Incredibile, è come se tutto d’un tratto qualcuno (e chi se non il Cornegliani) mi avesse estratto i pensieri che di questi tempi mi turbinano in testa a questi riguardi. Lo dico per sorridere, ma i ragazzi per indicare qualcuno con i sintomi Covid, dicono “incoviddito”. Almeno lo dicono con ironia. Grazie Tiziano
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Grazie alla mia lettrice più attenta e più cara.
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Totalmente d’accordo! Non c’è solo il modo congiuntivo – ma in questo caso si scatenano spesso discussioni anche proficue, sicuramente competenti, con le colleghe – i lanzichenecchi della lingua italiana si accaniscono anche sul participio passato e sull’infinito, inventando di sana pianta. Giustissimo che la lingua evolva, ma neologismo non deve essere sinonimo di orrore. Quelli di “petaloso” erano tempi ancora gloriosi, diciamocelo
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Bellissima l’espressione “i lanzichenecchi della lingua italiana”! Grazie.
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