In un precedente articolo abbiamo visto alcuni degli errori più frequenti e insidiosi nello scrivere e nel parlare italiano. Continuiamo qui la trattazione per la quale abbiamo preso spunto da un’apposita nota d’uso del dizionario Zingarelli.
È curioso come molti degli errori più comuni appartengano alla lingua parlata e non a quella scritta, nel senso che molte volte sbagliamo nel pronunciare delle parole. A noi questo dovrebbe interessare meno, ma è pur sempre sconveniente, in una conversazione, dire èdile invece di edìle, o davanti a un buon bicchiere di vino dire io centèllino anziché io centellìno e non vorremmo offendere amici del Frìuli (si pronuncia Friùli) o che vengono da Nuòro (si dice Nùoro).
Quindi, vediamole queste parole:
amàca e non àmaca
autòdromo e non autodròmo
baùle e non bàule
bolscevìco e non bolscèvico
cadùco e non càduco
callìfugo e febbrìfugo e non callifùgo, febbrifùgo
codardìa e non codàrdia
io devìo e non io dévio
ègida e non egìda
elèttrodo e non elettròdo
èureka e non eurèka
giacére e non giàcere
ìlare e non ilàre [allegro]
ìmpari e non impàri
infìdo e non ìnfido
leccornìa e non leccòrnia
mèntore e non mentóre
mollìca e non mòllica
persuadére, dissuadére e non persuàdere, dissuàdere
pudìco e non pùdico
rubrìca e non rùbrica
tèrmite e non termìte [insetto]
tralìce e non tràlice
ubbìa e non ùbbia
Sono sicuro che qualche accento sulle parole sopra riportate lo sbagliamo tutti… Sono altrettanto sicuro, invece, che nessun lettore di questo blog (ma lo Zingarelli afferma che sono tra gli errori più comuni…) scrive o dice che essi vadino, venghino, o che egli dasse, o che egli stasse. E neppure vorrei che tu vieni (o venga)… E nonostante sia spesso vero (intendo il senso) non diremo mai che lavoriamo a gratis…
Più facile invece che si sbagli scrivendo inerente il … invece di inerente al …
Nessuno di noi, essendo un po’ il nostro mestiere, dirà redarre invece di redigere, ma certo se lo sarà sentito dire…
Poi ci sono i plurali con le “s”: ricordo ancora cartelli del tipo “affittasi boxes”, ma anche films, fans, murales, silos, vigilantes.
Ci sono poi altre parole – come alchimia, guaina, karakiri – che sono comunemente pronunciate o scritte, anche dalle persone colte, in modo diverso da quello suggerito da alcuni grammatici per ragioni di etimologia o di morfologia. Diàtriba, per esempio, è più corretto di diatrìba; islàm di ìslam; Nobèl di Nòbel, salùbre di sàlubre, scandinàvo di scandìnavo e zaffìro di zàffiro.
Ci sono poi dei casi in cui è ammessa una doppia grafia o pronuncia: io constàto / io cònstato, denuncie / denunce, diùresi / diurèsi, famigliare / familiare, intiero / intero, leggiero / leggero, obbiettivo / obiettivo, pressapoco / pressappoco, provincie / province. Di tutte queste forme, la seconda è più corretta anche se talune volte può sembrare un po’ ricercata.
Infine, il famoso sé stesso che molti si ostinano a scrivere senza accento sul sé: certo, è accettato, non fosse altro che per la sua diffusione, ma ancora devo capire perché mai il sé debba perdere l’accento quando seguito da stesso (o medesimo).