Chi scrive e traduce testi di medicina si imbatte spesso nei termini “tessutale” e “sierico”, ma molto spesso – ahimè – si legge in luogo delle forme corrette “tissutale” e “serico”.
Vediamo perché è sbagliato usarle.
“Tessutale”, va da sé, è riferito a “tessuto”, “che riguarda i tessuti”. Non si vede dunque per quale ragione si debba cambiare quella “e” con una “i”.
Ce lo spiega molto bene il noto linguista, professor Luca Serianni, nel suo libro Un treno di sintomi1, centrato sul linguaggio della medicina: si tratta di “vocaboli (nomi, aggettivi, verbi e in misura ridotta costrutti) altrettanto caratteristici di un certo àmbito settoriale, che però sono legati non a effettive necessità comunicative bensì all’opportunità di adoperare un registro elevato, distinto dal linguaggio comune”. Si tratta di un tipico caso di “tecnicismo collaterale”. Insomma, si direbbe un ennesimo prostrarsi all’inglese, ma in questo caso sbagliando proprio perché “tissutale”non è un anglicismo: in inglese esiste sì tissue, ma deriva dal francese tissu (quindi si tratta semmai di un francesismo) e poi tissutal in inglese non esiste (se non come “inaccettabile barbarismo”, come spiega molto bene il professor Luca Zuliani, dell’Università di Padova che alla questione ha dedicato un approfondito saggio2).
A usare “tissutale”, sempre come ci spiega il professor Zuliani, sono per lo più i medici italiani che scrivono in inglese e, credendo che “tissutale” in italiano sia un anglicismo, usano tissutal.
Certo, ripristinare l’uso corretto non è facile se si considera che anche Wikipedia ha la voce “Fattore tissutale” e che Google, proprio nel momento in cui scrivo, ha 427mila ricorrenze per “tissutale” e sole 124mila per “tessutale”.
Quanto a “sierico” deriva da “siero” (per esempio, le sieroproteine, il ferro sierico…) e non c’è alcuna ragione per usare “serico” (che invece è di uso corretto quale aggettivo della lingua letteraria, dove significa “di seta”). E allora perché? È un latinismo (in quanto “siero”deriva da serum) ed è un altro caso di tecnicismo collaterale, quando cioè l’italiano cerca di nobilitare la forma in un qualche modo.